Lucia, la mamma di Francesco
by StuzzicamiVu: 1174 fois Commentaires 7 Date: 28-04-2023 Langue :
All’epoca avevo poco più di vent’anni. Frequentavo l’università e, come si è soliti fare in queste situazioni, condividevo l’alloggio con altri studenti, per lo più amici della stessa città di provenienza. Fu così che divenni sempre più intimo con Francesco, un compagno di stanza, oltre che di scorribande e di vita, anche se si frequentava facoltà differenti. Oltre alla quotidianità, con Francesco e altri amici, si condividevano anche le vacanze, tanto quelle estive quanto quelle di pasqua o capodanno. Insomma facevamo a tutti gli effetti parte della stessa compagnia. Fu in quel periodo che conobbi la madre, giacché frequentando spesso anche la casa di Francesco ci si imbatteva non di rado anche nella famiglia: padre – distinto professionista – e appunto madre, segretaria di un altro distinto professionista, oltre al fratello. Mentre con il papa’ talvolta ci scambiavano quattro chiacchiere, la mamma di Francesco era sempre sfuggente e misteriosa, sulle sue insomma. Francamente Lucia, così si chiamava, non aveva mai attirato la mia attenzione: una donna sulla cinquantina, bassa e piuttosto in corpulenta anche se non sformata né tantomeno grassa. Ovviamente quando mi rivolgevo alla signora il lei era imperativo, ma le nostre conversazioni si limitavano ai soliti e scontati convenevoli. Come dicevo poc’anzi, non ebbi mai modo di farmi pensieri su quella donna, né tantomeno lei me ne diede mai motivo. Impeccabile, sempre elegante, apparentemente pareva una donna, moglie, madre e lavoratrice inappuntabile. Con il trascorrere degli anni le mie visite a casa fi Francesco si diradarono. Finita la scuola ognuno intraprese le rispettive esperienze, lavorative e personali e con l’amico, che rimane comunque tale, ci vedemmo sempre meno. Alcuni anni più tardi, in un’uscita programmata con la vecchia compagnia, seppi da Antonio, amico comune nonché vicino di casa di Francesco, che i genitori di Francesco si separarono. Le solite voci – mi raccontava Antonio – riportavano che la Lucia, mamma del Francesco, era stata lasciata dal marito perché fedifraga, o meglio, poiché aveva in piedi una relazione con un ragazzo poco più che trentenne della borgata. Stupito dalla cosa feci mente locale e tornai con la mente a quelle tante volte in cui ebbi a che fare con la signora in questione. “Caspita, dissi tra me e me, ma chi l’avrebbe mai detto”. Il suo presunto amante, peraltro, era un ragazzo dai modi un poco grezzi, faceva l’operaio e trascorreva spesso le serate nel locale tugurio bar della zona. Con Francesco, con il quale di fatto le uscite si erano ridotte a poche e sporadiche, non feci mai parola della cosa, né lui introdusse mai l’argomento. Sostanzialmente ci perdemmo di vista. Un giorno, però, al supermercato della città, girando tra le corsie e gli scaffali intento a far la spesa, mi imbattei in lei: Lucia, la mamma di Francesco, la donna che ora, guardavo con occhi differenti. L’aver tradito il marito ed essersi creata una relazione con un giovane me la rendeva viziosa e assai più interessante di quanto non fosse mai stata. “Buonasera Marcello – mi disse lei – Quanto tempo, è molto che non ti vedo”.
“Sera signora – le risposi io – Già è un sacco, sa si cresce e talvolta si finisce con il perdersi di vista.”
Così lei, cui solitamente non davo molta confidenza, mi chiese di me, della vita, del lavoro e io le domandai del figlio Francesco… La conversazione duro alcuni minuti fino a quando ci congedammo proseguendo ognuno le rispettive compere. Sinceramente mi fece piacere vederla, e francamente ammetto che il vizio di taluni pensieri si impadronì di me e del mio cervello nel prosieguo della spesa. Di quando in quando, girando tra le corsie, mi scoprivo a cercala con lo sguardo, ma nulla, non la vidi più e, in breve, smisi anche di pensarci. Concluse le compere mi avvicinai alle casse e, sorpresa, lei arrivo dietro di me. Mi voltai e Lucia mi sorrise. Feci altrettanto. Riprese subito il discorso interrotto alcuni minuti prima nell’attesa che arrivasse il nostro turno e, mi sembrò, carino, sistemata la mia spesa sul carrello e pagato tutto, aspettai che lei facesse altrettanto per aiutarla con le sue numerose borse.
“Posso aiutarla le dissi” mentre lei cercava trafelata di sistemare i prodotti nelle borse riponendole poi nel carrello della spesa . “No, non devi preoccuparti, faccio da sola, dai non voglio farti perdere tempo” rispose in maniera non troppo convinta, forse più per educazione. “Nessun disturbo, lo faccio volentieri, mi sembra il minimo, anzi mi sembra doveroso”.
Acconsentì senza negarsi oltre, dicendomi esclusivamente: “grazie Marcello, sei davvero gentile”. E così sistemai io le sue borse nel suo carrello e, dopo che lei pago il conto alla cassiera, uscimmo insieme dal supermercato. “La accompagno all’auto signora – le dissi – dove ha posteggiato?”
“Sei sicuro? Sei già stato oltremodo gentile e non vorrei approfittare oltre del tuo tempo e della tua generosità” replicò immediatamente.
“Non si preoccupi, lo faccio con piacere”.
Fu così che arrivammo alla sua auto, che conoscevo molto bene perché era la stessa che era solito utilizzare Francesco quando tornava in città dalla metropoli nella quale si era stabilito, ed iniziammo la sistemazione della spesa. Ci saranno state almeno una decina di borse piuttosto colme oltre a due scatole di acqua minerale. Incastrato il tutto a dovere, era ormai pronta per andare. Eravamo dunque arrivati ai saluti e lei, guardandomi negli occhi, mi comunicò tutta la sua gratitudine per quel semplice gesto di galanteria che evidentemente aveva particolarmente apprezzato: “Sei stato un tesoro Marcello, mi ha fatto piacere rivederti, sono felice tu stia bene e ti stia realizzando, mi spiace solo che ti sia perso un po’ di vista con Francesco. Sai mi faceva piacere avervi per casa ogni tanto. Una boccata di gioventù. Ora poi sono sempre sola in quella villa: Francesco è sempre al lavoro lontano, Giacomo studia anche lui lontano e, come avrai saputo, mi sono separata da mio marito”. Io fingendo di non saper nulla le risposi: “No, signora, sinceramente ignoravo la cosa, mi spiace, davvero, ma sono cose che capitano” cercando di lasciar cadere quell’argomento che un poco mi imbarazzava.
“Già capitano – riprese lei . Ormai sono 6 anni che io ed Edoardo abbiamo interrotto il nostro matrimonio, per fortuna i ragazzi sono cresciuti e sistemati ma non è stato un bel periodo”.
“Posso immaginare, anche se non ho mai vissuto una situazione del genere” replicai.
“Vabbè, ti ringrazio ancora e ti lascio finalmente andare, mi hai già dedicato troppo tempo: grazie di cuore” disse dandomi i classici due baci sulle guance.
“Arrivederci signora, non si preoccupi, è stato un piacere” risposi cogliendo in lei uno sguardo soddisfatto e al contempo dispiaciuto. E mi avviai verso la mia auto.
Scaricai la mia spesa ripensando all’accaduto. Mi parve di cogliere in lei la volontà di proseguire il nostro incontro o per lo meno di poterlo replicare ma probabilmente erano solo sciocche elucubrazioni di un trentenne al cospetto di una cinquantacinquenne, madre di un amico che non vedevo più, che sapevo aver avuto una storia con un ragazzo più giovane.
Senz’altro quel pettegolezzo, ammesso corrispondesse al vero, aveva mutato in me la considerazione di Lucia, la mamma di Francesco. Una signora distinta, appesantita dall’età, ma comunque femminile e intelligente, insomma piacente.
Sistemate le borse della spesa, chiusi l’auto e riportai il carrello al suo posto quando sentii il suono di un sms.
Tornai alla macchina senza pensarci e una volta sedutomi aprii il cellulare per leggere il messaggio.
“Non so se tu abbia ancora lo stesso numero, sicuramente in tutti questi anni lo avrai cambiato, ma se sono fortunata posso ancora dirti grazie: sei stato davvero gentile e mi ha fatto estremamente piacere rivederti”, firmato Lucia.
Non avevo il numero memorizzato, ma il mittente era ovvio e scontato. Lei, Lucia, la mamma di Francesco, il mio numero evidentemente lo aveva conservato dai tempi in cui io e suo figlio abitavamo insieme. Talvolta capitava che il cellulare non prendesse o altro, per cui i genitori per forza di cose avevano i numeri di tutti.
Devo essere sincero, non mi aspettavo quel messaggio ma al contempo i miei pensieri avevano già preso la strada del vizio. Come mezz’ora prima, quando la incontrai di nuovo, dopo molto tempo, dentro al supermercato. Non risposi subito, un po’ perché ripensai a lei, alla situazione e un po’ perché mi scoprii incredibilmente eccitato dalla cosa, o meglio, dalla signora, la mamma di un mio vecchio amico, che avevo rivisto dopo quasi dieci anni e che avevo saputo essersi separata perché aveva una relazione extraconiugale con un ragazzo poco più grande di me.
Tornando a casa in auto pensai e ripensai a lei, Lucia.
SI fece sera, ma non avevo appetito. Mi feci una doccia e constatai un insolito stato di eccitazione costante.
Era il pensiero di lei, ma probabilmente mi stavo facendo un film tutto mio.
Mi sistemai nudo sul divano davanti alla tv ma il mio sguardo era assorto, non facevo caso ai programmi, elucubravo su di lei, e alla fine decisi di rispondere al suo messaggio di prima.
Decisi di essere cortese, cordiale, ma comunque sobrio e rispettoso.
“Buonasera signora, si come vede ho ancora lo stesso numero, ma non si preoccupi, anche a me ha fatto piacere rivederla e sono stato felice di darle una mano, per così poco poi… Non ho fatto nulla”.
Trascorsero un paio di minuti, forse meno, ed ecco che il classico tin tin del cellulare mi annunciò la replica. In realtà avrebbe potuto essere chiunque, ma io ovviamente anelavo fosse lei. Sì, lo speravo e me lo aspettavo.
Ed infatti era lei: “Ciao Marcello, credevo di aver inviato il messaggio nel vuoto, ho anche pensato che fosse arrivato ad uno sconosciuto. Sono rinfrancata dal sapere che è arrivato a te anche perché tenevo a ringraziarti ancora”.
Questa volta le risposi immediatamente dicendole: “Allora diciamo che è stata fortunata, chissà chi avrebbe potuto leggerlo… Anche se in realtà non v’era nulla di compromettente”… Mi sbilanciai un po’ di più, prendendomi una certa confidenza e osando, manifestando il piacere di questa nuova inattesa conversazione/situazione.
Paradossalmente quando frequentavo la sua casa non l’avevo mai chiamata ne le avevo mai inviato sms, lei mi chiamò un paio di volte ma per farsi passare il figlio che non riusciva a rintracciare e, invece, ora a distanza di anni, siamo io e lei che ci scriviamo sms.
Per un attimo mi prende il panico: forse ho esagerato, forse mi sono fatto trasportare condizionato da stupidi pensieri tutti miei e la signora Lucia voleva solo essere gentile.
La sua risposta mi riporta alla realtà
“Caro Marcello, non mi preoccupo più di certe cose, sai dopo la separazione da mio marito il vicinato ha mormorato e ho presto imparato a farmi gli affari miei anche perché le persone parlano a prescindere e spesso lo fanno anche senza conoscere i fatti”. Aveva voglia di parlare, si capiva bene che avesse intenzione e forse anche bisogno di raccontare e, senz’altro era sola.
“Posso immaginare signora, anche se come le ho detto oggi pomeriggio, non sapevo nulla e mi dispiace”.
“No, figliolo, non ti preoccupare, ho la mia età, so come vanno queste cose, ma non puoi immaginare quanto possa essere cattiva e maligna la gente” mi disse.
Le risposi: “Capisco, ma in fondo chissenefrega della gente, ciò che importa è che si riesca a star bene con se stessi no?”.
Apprezzò questo mio sms al quale rispose: “Già, sono totalmente d’accordo con te, anche se quella situazione mi è costata parecchio: ho perso la famiglia e sono rimasta sola”.
“Signora ma lei è una bella donna e, pur non conoscendo la realtà dei fatti, credo che se ha agito così avrà avuto i suoi buoni motivi”.
La sua risposta mi lasciò perplesso: “Sapessi…”
Le scrissi: “Non so…”
Non ricevetti alcuna risposta, la comunicazione si interruppe così.
Mi assopii sul divano fino a quando il suono del cellulare mi svegliò dal sonno.
Era lei, Lucia, che mi scriveva: “Ci ho riflettuto su molto, non volevo tediarti con i miei pensieri, ma se vuoi mi fa piacere raccontarti, spiegarti ciò che è accaduto, ci terrei molto. Dolce notte. Lucia”.
Erano le 2 di notte.
Le risposi immediatamente: “Mi farebbe piacere signora, ammesso che faccia piacere a lei” e andai in camera da letto, deciso a mettermi a dormire.
Cercai di rimanere sveglio un altro po’, nella vana speranza che arrivasse un altro suo messaggio ma nulla.
L’indomani mi svegliai con il vizioso pensiero di lei. Ormai ero totalmente preso e catturato dalla situazione, dal lussurioso fascino di quella donna matura, la mamma del mio amico Francesco. Guardai subito il cellulare, speranzoso di trovarvi un suo messaggio ma nulla.
Andai al lavoro e anche in ufficio, ad ogni sms in arrivo, l’auspicio era che arrivasse da Lucia. Ma nulla.
Forse ci aveva ripensato, probabilmente aveva ritenuto opportuno non raccontarmi i fatti suoi, del resto io ero esclusivamente un vecchio amico del figlio, un ragazzino ai suoi occhi, anche se ora avevo superato i trent’anni.
Pur condizionato dal pensiero di lei, di quella conversazione, di quella situazione, fui preso dal lavoro e non ci pensai più troppo. Erano le 18, stavo per uscire dall’ufficio quando vidi comparire sullo schermo del cellulare un sms. Lo aprii e, wow, era lei: Lucia. Le mani mi sudarono, il sangue mi ribollì nelle vene e ancora non lo avevo aperto. Oltretutto verosimilmente ero solo vittima di miei sciocchi e avventati pensieri.
“Ciao Marcello, perdonami, non sapevo che fare. Poi mi sono decisa e ti ho scritto. Ti va se ci vediamo, così proseguiamo il discorso di ieri? Lucia.”.
Rilessi il messaggio. Non credevo ai miei occhi: “Ti va se ci vediamo?” Caspita, mi andava sì, ma ora che la cosa stava prendendo una piega più seria e concreta, quasi avevo paura di ciò che mi aspettava.
Pensai a dove avremmo potuto vederci e glielo scrissi.
“Sera signora, d’accordo, dove ci vediamo?”
“Se per te non è un problema, sai dove abito no?”.
Rimasi di sasso, sapevo bene dove abitava e temevo che mi dicesse così. Avrei dovuto tornare a casa di Francesco, o meglio dei suoi genitori, a distanza di anni perché avevo una sorta di appuntamento con la madre presunta fedifraga. Timori e perplessità lasciarono subito il campo al vizio e alla lussuria.
Le scrissi: “Certo che so dove abita, mi dica lei quando”.
Mi rispose: “Io sono a casa, puoi passare quando vuoi”.
Con il cuore in gola digitai: “Arrivo”.
Chiusi l’ufficio, salii in auto e mi diressi da lei. Dieci minuti, che mi sembrarono un’eternità per l’infinità di pensieri che feci e fui di fronte alla sua sontuosa villa. Suonai al suo citofono. Il cancelletto si aprì e sentii “Vieni”.
Entrai, le mani mi sudavano vergognosamente e sentivo continue vampate di calore. Percorsi i 15 metri di vialetto al buio, era dicembre, ed eccomi alla porta. Mi aprii subito. Sorridente e apparentemente distesa. Vestita di tutto punto, al solito, con un tailleur grigio appena sopra il ginocchio e una scollata maglietta di raso e pizzo. Aveva un seno prorompente, probabilmente una quinta o una sesta e fianchi larghi e torniti ma tutt’altro che grassi e comunque assai apprezzabili.
“Benvenuto, anzi, benritrovato” mi disse facendomi entrare e baciandomi sulle guance.
Confesso che mi sentivo un poco in imbarazzo, e lei sicuramente se ne rese conto cercando invece di mettermi a mio agio. “Accomodati pure, conosci la strada e la casa, ti porto subito da bere… Cosa gradisci?”
“Lei cosa beve signora?” risposi
“Io mi sono aperta una bottiglia di nebbiolo, se ti fa piacere ne verso un po’ anche a te”.
“Volentieri, vada per il nebbiolo”.
E così in men che non si dica arrivò e porgendomi il calice si sedette di fronte a me, sul divano, e iniziò a guardarmi fisso negli occhi.
“Allora cin” dissi io.
E lei: “A che brindiamo?”
“A questa sera” risposi io, rosso in volto e con le mani ancor più sudate di prima.
“E sia” rispose lei sorridendomi piuttosto maliziosamente.
Dopo aver incrociato i bicchieri ci sedemmo entrambi uno di fronte all’altra sui due divani posti nell’ampio salone della sua villa. Mi guardava continuamente, e io quasi non sapevo che dire…
“Allora, dove eravamo rimasti” pronunciai cercando di rompere quella nube di imbarazzo che permeava la situazione.
“A me, alla mia condizione di moglie separata e sola, alle male lingue, alla vita che sto vivendo, ma sei sicuro che ti interessi?” rispose.
“Se sono qui, credo sia inutile risponderle signora…” replicai sorridendo.
“Hai ragione, perdonami, è che questa situazione mi confonde”
“Cosa la confonde?” le chiesi.
“Averti qui, solo con me, chissà cosa pensi di me, che sono la mamma di Francesco, il tuo amico”.
Colsi la palla al balzo e le risposi ciò che voleva sentirsi dire: “Che mai potrei pensare signora Lucia? Sono a casa sua, sorseggio un bicchiere di delizioso rosso in compagnia di una fascinosa donna”.
Il fuoco si accese definitivamente dentro di me, e probabilmente anche dentro di lei che non disse nulla e, continuando a fissarmi, si alzò, girò intorno al tavolo della sala, e si sedette vicino a me. Appoggiò il calice sul tavolo e senza dover dire null’altro ci baciammo, vorticando con passione, trasporto ed estrema eccitazione le nostre lingue. Si adagiò su di me, schiacciando il suo opulento corpo di donna matura contro il mio petto. Accarezzai il suo volto e la baciai con un desiderio che non poté non percepire. Forzai la posizione e senza staccare la bocca dalla sua spinsi lei contro lo schienale del divano e le appoggiai la mano sinistra su un seno. Quanta grazia. Era enorme, anche se coperto dalla camicetta e dal reggiseno potevo percepire il turgore dei suoi capezzoli, protesi all’inverosimile. Dopo alcuni minuti di leccate reciproche alle nostre lingue, di mulinelli di passione, mi staccai da lei e mi accovacciai ai piedi del divano guardandola negli occhi ma senza proferire parola alcuna.
Era curiosa, oltre che vogliosa, ma altresì esperta e viziosa e sapeva bene che morivo dalla voglia di lei.
La attirai a me e lasciandole intendere le mie intenzioni mi aiutò a sfilarsi la gonna spalancandomi le cosce intorno alle spalle.
Che sogno. Ero in ginocchio, ai piedi del divano tra le cosce oscenamente spalancate della madre viziosa di un mio amico. La visione che mi si parò davanti era ad eccelso contenuto erotico. Il mio cazzo pulsava come tutto me stesso nei pantaloni. Lei, Lucia, dopo aver alzato il bacino per aiutarmi a sfilarle la gonna era tornata a sedersi e senza dir nulla mi guardava con lascivia a lussuria. La guardai un’ultima volta negli occhi e iniziai a baciarle le gambe vestite di due autoreggenti grigie fino ad arrivare alla parte alta della coscia, scoperta e finalmente potei sentire il calore e il profumo della sua pelle. Mi protesi in avanti e infilai il muso sulla sua vagina, ancora coperta dalla preziosa mutanda di pizzo nero. Poggiò le mani sulla mia testa e iniziò a carezzarmi i capelli. Infilai il muso su quella sexy lingerie e respirai a pieni polmoni la fragranza del suo fiore, ancora racchiuso da quell’intimo che di li a poco avrei fatto sparire.
Respirai e leccai la mutanda e percepii un forte odore di femmina. Lo slip era umido, madido dei suoi gustosi e profumati odori. Alzai lo sguardo, mi stava guardando, la guardai anche io e poi cingendole la vita, le sfilai l’indumento e le guardai la passera, finalmente nuda di fronte a me.
Il cuore batteva all’impazzata. Che visione, che delizia.
Mi trovai ad una decina di centimetri da una vulva pelosa all’inverosimile totalmente a mia disposizione.
Aveva due labbra incredibilmente sviluppate, carnose, scure, pronunciate: sembrava un’orchidea nera contornata da una foltissima peluria scura. Le grandi e frastagliate appendici scure di quel fiorellone maturo sembravano i petali preziosi di un'orchidea preziosa e rara. Erano unite, le une alle altre, ancora chiuse. Rimasi affascinato, quasi incantato, e dopo essermi beato di quella meraviglia per alcuni secondi, mi ci tuffai letteralmente sopra, riempendomi il volto di lei, del suo aroma, del suo afrore, del suo sapore, dei suoi umori. Lei, Lucia, spostò le mani dietro alla mia nuca, spinse il bacino in avanti e attorcigliò le gambe attorno al mio collo. Iniziai a leccarla, a piena lingua, leccai esternamente, sopra, sotto, dal basso all’alto, dall’altro al basso e poi mi riempii la bocca della sua incantevole, profumata enorme, eccitantissima e gustosa passerona. Finalmente le labbra si dischiusero e potei ammirare il contrasto, incredibile, tra lo scuro delle piccole grandi labbra quasi nere, e il rosa dell'interno della sua enorme vagina di femmina adulta. Una visione incantevole, una visione indescrivibile, come le emozioni che stavo provando... L'ebbrezza di tanto puro erotismo mi stava ubriacando i sensi...
Continua…