Un cazzo gigante per Vittoria
by Ginger92Visto: 2117 volte Commenti 6 Date: 22-08-2023 Lingua:
Come faccio spesso, negli spogliatoi della palestra che frequento, mi aggiro tra le panchine e gli armadietti in slip. Ovviamente esibisco il mio pacco gigante, di cui vado fiero.
Tra tutti gli sguardi sfuggenti che lo fissavano, di amici e conoscenti, c’era spesso quello di Alberto. Credevo fosse gay perché, ogni volta che andavo a farmi la doccia, si fiondava anche lui per guardarmelo con la coda dell’occhio. Inoltre era l’unico che andava in giro per gli spogliatoi completamente nudo. Il suo cazzo però era veramente piccolo, quasi un micropene.
Un giorno lo presi in giro, facendo ridere tutti.
“Dai Albe copriti… ah no, non si vede niente”.
Col tempo entrammo ancora di più in confidenza finché un giorno conobbi la sua fidanzata, all’uscita della palestra. Era sera e mi proposero di andare a bere qualcosa. Io dissi di si principalmente perché il locale era là vicino e lei era una strafiga: bionda, occhi azzurri e un viso angelico. Magra e piccolina, con una gonna corta che lasciava scoperte due gambe finissime. Si chiamava Vittoria.
Al bar intuii subito le intenzioni di quella coppia.
“Alberto mi ha parlato molto di te”, mi disse lei.
“Ah si? Spero bene…”.
“Molto bene, soprattutto del tuo amico là sotto”, sorrise con un cenno verso il basso.
Mi diventò subito duro.
“Io non posso dire lo stesso”, ridacchiai. La situazione divenne subito calda, ma anche un po’ imbarazzante perché Alberto non diceva niente.
“Ma vuoi vederlo di persona?”, le chiesi sorridendo.
“Cosa dici Albe?”.
“Sarebbe fantastico… andiamo?”, sbottò frettolosamente lui.
In men che non si dica avevamo già pagato e ci stavamo avviando a casa mia. Il mio cazzo duro era ben visibile dai pantaloni. Nel tragitto chiacchierammo e scoprii una ragazza alla mano e simpatica, al contrario di Alberto, sempre silenzioso, che camminava dietro di noi perché il marciapiede era troppo stretto.
Arrivati a casa li feci accomodare sul divano e offrii ancora qualcosa da bere. Tra una chiacchiera e l’altra appoggiai una mano sulla coscia di lei, che in tutta risposta mise la sua sul mio pacco.
“Sei d’accordo?” chiesi guardando Alberto.
“Sì”, rispose lui, “hai il cazzo gigante… e per me che ce l’ho piccolo è un onore farti scopare la Vitto”.
“Sei un grande”.
Appena tolsi i pantaloni e le mutande lei rimase impietrita, con gli occhi sgranati (un’espressione che vedo spesso). L’altro cominciò a segarsi con due dita il suo cazzino.
“Amore”, disse lei, “ma quanto è grande? Sarà tre volte il tuo! È tipo il mio braccio”.
“Ora succhia, troietta”, azzardai, spingendo la testa.
“Bravo!”, sentii dire dall’Albe.
Mi prese il cazzo in bocca e, dopo un po’, lo ingoiò fino in gola. Si strozzò e prese fiato un paio di volte.
“Impossibile”. Scuoteva la testa incredula.
“Succhia troia”, ripetei, stringendole la testa tra le mani e scopandogli la bocca.
Pensavo soffocasse viste le dimensioni del mio pisello. Divenne ingorda, spingendo sempre più giù. Mentre succhiava iniziai a sditalinare la sua fichetta pelosa da sotto la gonna. Alberto si stava godendo lo spettacolo.
“Prendi questo cazzone, sì… vai troia”.
Di forza la misi a pecora sul divano, mi lubrificai al volo e la penetrai con la cappella.
“Vieni a vedere bene”, dissi ad Alberto. “Qua, cornutazzo”.
Lui si sedette sul pavimento ai miei piedi, sempre segandosi quel cazzo che, confronto al mio, sembrava veramente ridicolo.
“Sei il mio capo”, mi disse.
“Adesso guarda bene…”.
Cominciai a spingere, mentre la Vittoria urlava. Io, noncurante, facevo dentro e fuori sempre per lubrificare, finché riuscii a sbatterglielo dentro fino ai coglioni.
“Brava”, le dissi, aspettando che il cazzo si ambientasse in quella figa stretta. “Dì che sei la mia troia”.
“Ahi! Sono la tua troia”.
Ripresi a stantuffarla. Si lamentava, allargava le natiche e sentivo il mio pube che gli sbatteva contro: il cazzo entrava tutto.
“Vitto, tutto bene?”, le chiese Alberto. Lei non rispose, continuando a urlare, mentre le facevo cambiare posizione. Mi cavalcò un po’, ma non scendeva abbastanza e mi sfuggiva, non lasciandosi penetrare fino in fondo. Così la sollevai e la scopai come un oggetto, nella posizione dell’agile missionario.
Oltre a lei che urlava, sentii Alberto che sborrava, alla vista di quella scena. Anche la Vitto venne, bagnandomi tutto il cazzo.
La rimisi a novanta, e dopo aver assestato ancora dei colpi, la presi e la misi sul pavimento, accanto ad Alberto. Me lo ciucciò ancora, stravolta, col trucco sbavato e poco dopo le sborrai in faccia e sui capelli. Alberto, nello stato in cui si ritrovava, le diede un tenero bacio a stampo che mi fece ridere.
“Cazzo che troia”, sospirai. “Dobbiamo rifarlo”.
Lei, un po’ sconvolta, si era ammutolita, mentre con Alberto ci mettemmo a scherzare. Si era ripreso dal suo mutismo e sembrava molto soddisfatto. Confrontammo i cazzi, giocammo alla play, mentre lei preparava un piatto di pasta, e mangiammo tutti insieme.
Io e Alberto ci vedemmo ancora in palestra, con il solito gruppo. Ero diventato ancora più cattivo con le mie prese in giro al suo cazzino. Vittoria la scopai solo un’altra volta, con lui sempre presente. Poi si mollarono dopo qualche settimana e tornò a casa dei suoi, in Lombardia. Lui all’inizio voleva che raccontassimo tutto ai nostri amici, voleva passare come il cornuto del gruppo, ma poi ci ripensò. Gli invio ancora oggi le foto e i video delle tipe che mi sfondo... e aspetto ancora che si fidanzi di nuovo.