Il Contrasto perfetto
by ElenaParide
La sala era immersa in un silenzio denso, rotto solo dal battito irregolare del suo cuore. Il bianco e nero dell'immagine accentuava il contrasto tra la luce cruda e le ombre in cui si muoveva.
Lui, un profilo appena abbozzato sulla curva del divano in pelle, era vestito di un impeccabile abito scuro, la postura rilassata, quasi annoiata, ma i suoi occhi, anche da lontano, le bruciavano sulla pelle. Era l'attesa. L'attesa calibrata e lenta che sapeva essere la sua arma più affilata.
Lei era lì, appoggiata allo stipite della porta, una silhouette audace in primo piano. Le calze autoreggenti in pizzo nero, sostenute dalle giarrettiere, terminavano in una fascia di tessuto sottile che le fasciava le cosce. Ogni muscolo delle gambe era teso e scolpito dai tacchi altissimi, le caviglie cinte da fibbie sottili. La mano sinistra sfiorava l'orlo delle calze, in un gesto che era una promessa e un invito.
Fece un passo. Il tacco sottile, affilato come una punta di diamante, incontrò il marmo lucido. Clac. Il suono risuonò nella stanza come un colpo di frusta.
L'uomo si mosse appena, la testa inclinata. Non aveva bisogno di parlare. Il suo silenzio era un comando.
Lei si lasciò scivolare lungo la parete, i fianchi che quasi la sfioravano. La distanza tra loro si accorciava con una lentezza esasperante, ogni millimetro percorso era un tormento delizioso. Sentiva l'elettricità, la tensione innegabile che li aveva portati a questo momento, a questo gioco di potere muto e sensuale.
Si fermò a pochi passi dal divano, sollevando la gamba con la giarrettiera che scintillava. La appoggiò, piegata, sulla spalliera imbottita, permettendogli una vista completa della sua coscia tesa.
Finalmente, lui parlò, la voce bassa, vellutata, un sussurro che le arrivò come un tocco caldo sulla pelle.
“Sei in ritardo,” le disse. Non era un rimprovero, era una dichiarazione.
Lei sorrise, un arco scuro e seducente nell'ombra. “L'attesa è parte del piacere, non credi?” La sua voce era un filo di seta, provocatoria.
Lui si alzò, lento, maestoso, senza distogliere lo sguardo dalle sue gambe. Il contrasto tra il suo abito formale e la sua quasi nudità era la sceneggiatura perfetta per la loro serata.
Quando fu in piedi, l'ombra del suo corpo si proiettò su di lei. Raggiunse la sua coscia, le dita che sfiorarono il pizzo della calza. La prese, non con forza, ma con l'autorità di chi sa di avere diritto a quel tocco. Tirò leggermente il tessuto, facendole ansimare piano.
“Non più,” rispose lui, gli occhi che brillavano di un desiderio appena celato. “L'attesa è finita.”
Le si avvicinò, unendoli finalmente in quel contrasto perfetto di rigidità e morbidezza, ombra e luce, attesa e realizzazione. Il mondo esterno si dissolse, lasciando solo loro due e il gioco che era appena iniziato.
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