STORY TITLE: Il Guado Parte Seconda 
logo Cuckold USA


STORY

Il Guado Parte Seconda

by FrancesQarlo69
Viewed: 235 times Comments 3 Date: 20-12-2025 Language: Language

È invece ancora giovedì.

E il campanello, inesorabile, suona.

Ho sperato tacesse, ma sono io a rispondere, io ad aprire, io ad accompagnare l’ospite nel profondo della nostra casa, dove su una lavagna c’è scritto: “Carlo e Francesca si amano qui” a guardia della camera da letto.

Offro da mangiare, offro da bere, offro da sedere. In realtà sto offrendo la mia donna. Sento la gabbietta premere nella patta dei pantaloni, sento chiedermi dall’ospite “solo un bicchiere d’acqua” che corro a prendere.
Li lascio soli e temo il peggio.

E il peggio, quello vero, accade.

Quando torno, l’avvocato si è sistemato in poltrona, con Francesca seduta di fronte, che gli mostra cosce, seni e uno scorcio di figa da quel vestito succinto anche per un privé.
Ha preso possesso dello spazio. Il nostro, il mio.

Ha poggiato i suoi monili, sistemato la sua borsa e il suo casco e campeggia, gambe larghe, al centro della stanza. Degna appena di uno sguardo il mio bicchiere d’acqua. I suoi occhi sono per le caviglie della mia donna, per i suoi piedi e le sue labbra.

E parla. Si racconta. Mostra di essere un uomo più profondo di quel che appare. Non fa show, non calca mai la mano. Sembra si liberi di qualcosa. Io partecipo alla conversazione, come se stessimo al ristorante, ma la gabbietta ogni tanto stringe.

Francesca accavalla e riaccavalla le gambe, sorride a lui e a me. “Sono eccitata”, mi dice con gli sguardi. “Voglio scopare”, suggerisce con le contorsioni del suo culo.
Poi apre le gambe. Si offre da sola, mentre l’avvocato racconta, esplora, ci indaga.

E piano piano arriva al motivo vero per cui è lì seduto al centro della stanza: scoparsi la mia donna sotto i miei occhi.
Il primo uomo della nostra vita diurna che diventa un animale delle nostre notti.

Parla di un suo amico nero che ha “un gran cazzone”, uno disposto a giocare con altri. “Ho una foto… Ecco” e la mostra a Francesca.
“Mica male, sarebbe da provare”.
La conosco troppo bene per non sapere quanto sia bagnata in quel momento.

Ma so che sta a me fare davvero la mossa giusta.
“Avvocato, ho dimenticato di chiederti se hai preservativi. Noi ne abbiamo un po’, ma sono alla cazzo, è il caso di dire, per caratteristiche e dimensione”.
“Li ho, sono qui” e fruga nella borsa mentre si toglie scarpe e calze.

Il suo telefono è ancora nelle mani di Francesca che osserva le foto del nero, ma mentre lo poggia vede dal vivo quello dell’avvocato, che si è tolto pantaloni e mutande manco fosse un Houdini dello spogliarello.
Ed è duro, largo, lungo nella giusta proporzione, con un paio di coglioni enormi.

Mentre mi mostra i preservativi – io sono ancora seduto – punta la sua arma balistica verso Francesca che dice: “da provare anche questo”. Dopo due passi eretti, la vedo in ginocchio.
A leccargli la cappella prima, a ingoiare asta e saliva un secondo dopo.
Affamata e arrapata come poche volte l’ho vista fare con altri.

Lui glielo sbatte sulle labbra, sul viso, sulla fronte. E nel frattempo, piegandosi, la sditalina.
È la cifra di questa storia. Si accelera e decelera senza preavviso. L’unico frastornato sembro io. “È il guado”, mi dico. “E lo stai passando perché lo hai voluto anche tu”.

Quanti colpi con le dita le dà nella figa ormai già bella larga? Tre, quattro?
Cinque, non di più, e arriva l’eruzione dell’Etna, lo straripamento della Senna, lo tsunami di Sendai. Con un rumore da fontana il pavimento accoglie gli umori della mia donna che ulula il suo piacere, mentre si strozza con il cazzo dell’avvocato che ormai non ha più riguardi.
Le scopa la gola, mentre ora sono io a masturbarla e a farmi bagnare mani e braccia da litri di umori che inzuppano il parquet.

Campo impraticabile: i giochi si spostano a letto.

“Vuoi dell’acqua, amore mio?” chiedo. “Ne hai persa tanta”. So che rischia giramenti di testa e secchezza quando squirta così tanto, ma in genere è alla fine o in mezzo alla battaglia, mai così all’inizio.
Corro a prendere un nuovo bicchiere d’acqua. Ma anche questo viene ignorato. Quando torno lui la sta montando a pecora, con le mani strette intorno ai fianchi. Tolgo anche io pantaloni e mutande e con il catenaccio che ticchetta sulla gabbietta mi avvicino al letto.

Le tocco la figa e le bacio la bocca mentre viene squassata. “Ti amo”, mi fa. “Anche io” rispondo e un secondo dopo le sto leccando i piedi.
La verità è che per la prima volta non so cosa fare. Non sono di troppo, so che lei mi vuole lì. E non sei sento ingombrante.
“Sono solo un cornuto in cerca d’autore”, penso e cambio tattica.

“Gli sto tenendo i coglioni, il cazzo l’ho guidato io dentro”, le dico, quando cambiano posizione. E la cambiano spesso fino a quando non è la volta del culo.
“Si vede che ha sessant’anni l’avvocato: ci sa fare. I giovani sono tutta forza, quelli con esperienza sono cervello dentro al cazzo” commenterà Francesca dopo, quando restiamo soli.
Ma prima che quel dopo arrivi ci sono ancora numerosi affondi e schizzate dalla figa sempre più devastata di Francesca.
Del culo non ne parliamo: lo vedrete in foto.

“Posso fare foto e video?”. Ottenuto il permesso, trovo la mia dimensione: filmo, scatto e ogni tanto la bacio, le stringo le mani, la lecco.
Mentre sto per mettere il telefono in carica, sento alle mie spalle l’avvocato dire: “Dove la vuoi?”.
È in piedi accanto al letto, Francesca in ginocchio che lo sega. Lei mi guarda e dice: “in bocca… Posso?”.
È la nostra condizione e la nostra condanna: io le chiedo della gabbietta, lei della sborra.
I guadi si passano per davvero sempre in due, altrimenti si annega.
Esito, ma poi dico: “Puoi”.

Lui le affonda il cazzo nella gola, glielo passa poi sulla lingua e viene a fiotti densi e pieni che le riempiono la bocca, le colano dalle labbra e le imbrattano il viso, fin dentro gli occhi.
Corro a prenderle dei fazzoletti, lei deterge la sborra dal viso con il dito e se lo lecca. Troppo tardi per riprendere, troppo tardi per ripulirla.
“Avrei voluto lo facessi tu, in effetti, con il fazzoletto almeno. Sei stato un po’ assente questa volta. Voglio che tu non mi abbandoni mai” mi dirà nei commenti postpartita.
“L’avevi negli occhi” mi giustifico. “Mi sembrava più importante pensare a quelli”.

Di sicuro però l’ho baciata.
A lungo e a fondo. Sentendo il caldo della sua bocca e il sapore dell’avvocato.
“Come mi rilassa scopare. Niente mi rilassa così”, è invece il commento a caldo del nostro ospite. Che però non è sazio di Francesca.
Torna sul letto, ormai del tutto nudo, la tira a sé, le cinge la vita, l'accarezza e mentre torna a parlare di progetti, idee e sensazioni, mentre controlla che nelle foto non sia riconoscibile, continua a sditalinarla con le sue dita grosse ed esperte.
Francesca, anche se meno dei suoi standard, schizza ancora. Sulla porzione di letto sulla quale tra poco dormirò.

Si fa tremendamente tardi, tra una battuta e uno squirtino.
L’avvocato si riveste, tira fuori un sigaro che non accende e racconta di una coppia di cui è stato amante per un anno.
“Questo ci riprova”, penso. Lo pensa anche Francesca, ma ce lo diremo dopo.
“Domani ho un treno presto”, conclude. Raccoglie la sua roba e si avvia, tornato serio e del tutto presente a sé stesso. Sembra un artista di passaggio che s’è fermato a casa nostra per un caffè e due chiacchiere.

Lo accompagno alla porta, aspetto che l’ascensore scenda.
Francesca, seminuda, resta dietro di me, dopo averlo baciato sulle guance come in studio. Io sono mezzo nudo, con ancora la gabbietta sul cazzo.
Penso ai vicini.
Chi se ne fotte: noi siamo questo.

E temo siano i vicini quando sento grattare alla porta (il campanello non funziona).
“Sono io”.
È l’avvocato: “ho dimenticato il sigaro”. Va da solo, nella stanza dove “Francesca e Carlo si amano” a recuperarlo.
“Mi stava appena dicendo di quanto sei bravo a scopare”, gli faccio.
“Splendida scopata anche lei. Spero posso riaccadere” ribatte e richiude la porta.

Torniamo in cucina, a finirci il formaggio e il vino che avevamo iniziato quando l’avvocato era uscito la prima volta.
Ci baciamo.
Di continuo.
Sperma, tannini e lattosio sono mischiati nella sua bocca.
“Me lo farei ancora” dice lei.

Troia

, è il mio unico commento. Il mio appassionato complimento.

È venerdì, finalmente.
È notte ancora, ma il giorno, quello vero, quello di fuor, questa volta ci è entrato davvero in casa.


Questo è il nostro sesso. Il libro che stiamo scrivendo ne racconta il senso: identità, desiderio, libertà. Non fiction, mai. Sempre noi.

ADDED 3 COMMENTS:
  • avatar Giorgiocurio Favolosa situazione. Mi tira anche a me come se anche io indossassi la gabbietta. Com0limenti.

    21-12-2025 15:25:36

  • avatar Culettocuck Assolutamente fantastico il contenuto , eccellente scrittura che ti fa vivere veramente le sensazioni provate, complimenti davvero

    21-12-2025 14:21:20

  • avatar MirellaMarco Il punto di vista di lui è espresso con intensità, ma beata lei...

    21-12-2025 12:29:14






Go to Cuckold.net World
CLICK HERE