STORY TITLE: Il Consenso dell'Ombra( prologo e inizio) 
Menu

Il Consenso dell'Ombra( prologo e inizio) USA language


Avatar Author

Il Consenso dell'Ombra( prologo e inizio)

by Demiurg
Viewed: 0 times Comments 0 Date: 30-05-2025 Language: Language

Prologo

Nella villa del potere non c’erano specchi.
Non quelli veri, almeno. Solo superfici nere, lucide, che riflettevano a metà. Potevi vederti, sì. Ma mai del tutto. Solo un’ombra, un frammento, un errore di luce. Proprio come loro.
Erano in tre.
Nudi, ma non solo di pelle. Nudi di pretese, di gerarchie, di regole. Si erano spogliati a turno, lentamente, come in una danza antica. Uno alla volta. Con sguardi più taglienti delle mani.
Daniele era stato il primo. Il più silenzioso. Ma anche il più deciso. Aveva parlato solo con gli occhi, e con le dita. Quelle dita che sapevano dove toccare per piegare, non per accarezzare.
Leonora lo aveva guardato entrare nella stanza come si guarda una tempesta da lontano: affascinata, incredula, attratta dal rischio. Non era abituata a essere condotta. Né desiderava esserlo. Eppure quella notte, sotto le sue mani, aveva dimenticato perfino il suo nome.
Massimo era arrivato dopo. Come se fosse stato sempre lì. Non con rabbia, non con gelosia. Ma con una calma che spiazzava. Seduto in poltrona, li guardava. Partecipe, ma non invasivo. Un giudice? Un complice? O semplicemente un uomo che aveva capito che la vera possessione non ha bisogno di catene.
Nessuno parlava. Nessuno mentiva.
C’erano solo respiri. Sudore. E la consapevolezza che, da quel momento, nulla sarebbe più stato come prima.
Quella era la prima notte in tre. Ma non l’ultima.
E se qualcuno avesse chiesto chi avesse sedotto chi…
Nessuno avrebbe saputo rispondere davvero.

Un invito non detto

Daniele arrivava sempre dieci minuti prima sul posto di lavoro. Era un'abitudine che gli veniva dal padre. “Chi comanda arriva per primo, e guarda tutti entrare”, diceva.
Quella mattina la sala riunioni era ancora vuota. Le pareti in vetro riflettevano il grigio sottile del cielo milanese, e il tavolo in rovere sembrava troppo lucido, come se nessuno osasse toccarlo. Daniele si sedette a capotavola. Non per caso.
Poi, la porta si aprì.
Leonora non entrava. Scivolava. Ogni passo era pensato, ma non ostentato. Tacchi alti, vestito nero, rossetto scuro. Lo sguardo di chi sa che la stanza cambierà appena lei attraversa la soglia.

Daniele non si alzò.
“Daniele,” disse lei, quasi con tono divertito. “Sempre in anticipo.”
“Mi piace guardare le persone entrare,” rispose lui. “Capisci molto da come attraversano una porta.”
Lei sollevò un sopracciglio. Si sedette davanti a lui, incrociando le gambe.
“E io, cosa ti dico quando entro?”
“Che sei abituata a essere vista.”
Silenzio. Un attimo lungo. Poi un sorriso lento comparve sulle labbra di Leonora.
“Ti osservo, sai?” disse lei. “Parli poco, ma pensi tanto. È pericoloso.”
“Solo per chi ha qualcosa da nascondere.”
Un altro silenzio. Questa volta più carico. Un filo invisibile si stava tendendo tra di loro. Non era ancora desiderio. Era attenzione. Quella che precede il primo tocco, il primo ordine, la prima resa.
Il resto del team entrò uno dopo l’altro. Rumore di sedie, computer, voci stanche.
Ma tra loro due, la riunione era già cominciata.
Daniele non la guardò più per tutta la mattina. Ma sapeva che lei lo stava facendo. Che ogni parola che diceva era analizzata, soppesata. E le piaceva.
Quando la riunione finì, Daniele si alzò e, con calma, si avvicinò a Leonora.
“Ha due minuti?”
Lei lo seguì nel suo ufficio senza una parola.
La porta si chiuse.
Nessuno parlò. Per lunghi secondi.
Poi fu Daniele a rompere il silenzio, con una voce più bassa, più ferma.
“Mi piace capire chi crede di avere il controllo. Soprattutto quando non lo ha.”
Leonora si avvicinò di un passo. “E tu pensi di averlo?”
Daniele le prese il polso. Non con forza. Con sicurezza. Le sollevò la mano lentamente. Le sfiorò il palmo con il pollice.
“Penso,” disse, “che tu non sia qui per caso. E che qualunque gioco tu stia cercando di iniziare… l’ho già capito.”
Leonora non si mosse. Ma il suo respiro, appena percettibile, accelerò.
“Vedremo chi comanda, allora,” sussurrò.
Daniele sorrise. “L’ho già deciso.”

La sfida

Era bastato quel tocco al polso.
Leonora lo sentiva ancora sulla pelle, ore dopo, mentre sorseggiava un bicchiere di vino nello studio della villa. Non era stata la forza. Non era stata la carezza. Era stato il messaggio.

Ho capito il tuo gioco.


Nessun uomo aveva mai parlato con quella sicurezza. Con quella calma insolente. Nemmeno suo marito.
Anzi, soprattutto suo marito.
Massimo era in viaggio, come sempre. Aveva lasciato la casa con un bacio distratto e un’agenda piena. Leonora aveva imparato a riempire i vuoti con altre cose. Mostre, yoga, amanti occasionali.
Ma Daniele non era un amante occasionale. Era… altro.
Lo aveva scelto, inizialmente, per noia. Per bellezza. Ma ora la situazione le stava sfuggendo di mano.
Alle 23:13, ricevette un messaggio.
Daniele: “Hai pensato a me?”
Leonora si morse il labbro. Non rispose.
Daniele: “Sì. Lo stai facendo ora.”
Non c’era domanda. Solo constatazione. E aveva ragione.
Daniele: “Non rispondere. Basta sapere che leggi.”
Silenzio. Eccitazione. Rabbia. Desiderio. Tutto insieme.
Leonora si alzò, andò davanti allo specchio e si fissò.
Chi comanda ora?, si chiese.
Il cellulare vibrò di nuovo.
Daniele: “Domani. Alle diciassette. Sala tre. Niente parole. Solo tu e me.”
Un ordine. Non un invito.
E Leonora, senza sapere perché, decise di obbedire.

Sala tre

Leonora arrivò puntuale. Diciassette in punto.
Il corridoio del piano marketing era vuoto, silenzioso. Sala tre era in fondo, con le tapparelle abbassate e la luce soffusa che filtrava appena dalla porta chiusa.
Daniele era già dentro.
Lei aprì senza bussare.
Lo trovò in piedi, con le mani in tasca, lo sguardo fisso su di lei. Nessun sorriso. Solo controllo.
“Chiudi la porta.”
La voce era calma. Bassa. Precisa.
Leonora obbedì.
“Niente parole, ti avevo detto.”
Lei aprì la bocca per rispondere, ma la richiuse subito. Un battito di ciglia.
Daniele si avvicinò. Non con urgenza. Ma con una lentezza deliberata, come se volesse farle sentire ogni secondo.
Quando fu davanti a lei, alzò una mano. Le sfiorò il mento con due dita, sollevandole il viso con gentile fermezza.
“Guarda me.”
Leonora lo guardò. Occhi negli occhi. Nessuno dei due distolse lo sguardo.
“Hai sempre avuto il controllo, vero?” sussurrò. “Con tutti. Persino con tuo marito.”
Silenzio.
“Ma non con me.”
Il pollice di Daniele tracciò lentamente la linea del labbro inferiore di lei. Un gesto semplice, ma talmente preciso da farle trattenere il respiro.
Poi, senza avvisare, la fece voltare.
Le mani di lui scesero lungo i fianchi, si fermarono sulle cosce. La bocca si avvicinò al suo orecchio.
“Non ti toccherò davvero oggi,” le sussurrò. “Ma voglio che esci da qui bagnata.”
Leonora sussultò. Non per paura. Per il modo in cui l’aveva detto.
“Niente parole. Nessuna carezza. Solo questo.”
Le sue dita si fermarono sulla stoffa sottile della sua gonna. Appena un tocco, leggerissimo, tra le gambe.
Poi si staccò.
“Vattene.”
Leonora rimase immobile. Le mani tremavano appena. Il corpo chiedeva di più.
Ma si girò. Aprì la porta. Uscì.
E solo quando fu sola nell’ascensore, si concesse di chiudere gli occhi.
Era completamente bagnata.

ADDED 0 COMMENTS:

Go to The Cuckold World
CLICK HERE