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«Sborra sulla fede – 2 ore e 23 minuti di straordinario»
by Allforher
Giovedì sera, 19:47.
Marco è in fabbrica per il turno straordinario: «Torno alle 23:30, amore, c’è il collaudo della nuova linea».
Sonia ha risposto con un bacio sulla guancia e, appena la Panda grigia è uscita dal vialone, ha girato la chiave due volte. Clic. Clic.
Mi apre la porta già senza tuta. Solo una vestaglia corta di cotone, slacciata, che lascia intravedere tutto: le tette pesanti che scendono, il ventre morbido, le cosce larghe.
«Ho solo due ore e mezza», dice con la voce bassa, «falle contare».
La prendo per la nuca e la spingo contro il muro dell’ingresso, proprio accanto alla foto del matrimonio incorniciata. Le alzo la vestaglia, le strappo via le mutandine (bianche, di cotone, già fradice) e gliele infilo in bocca. Lei mugola, occhi lucidi, annuisce.
La giro, le mani sul muro, culo in fuori.
Le passo la lingua lenta tra le chiappe, fino al buco del culo che sa ancora di me dal martedì. Lei trema, si bagna fino alle ginocchia.
Poi mi alzo, tiro fuori il cazzo già duro e glielo pianto dentro senza preavviso: tutto, venti centimetri, in una sola spinta.
Sonia urla dentro le mutandine, le gambe le cedono, si regge solo perché la tengo per i fianchi.
La scopo in piedi, forte, veloce, i colpi che fanno sbattere la cornice del matrimonio. Ogni affondo le tira fuori un gemito soffocato.
Dopo qualche minuto la tiro via dal muro, la butto sul tavolo della cucina dove mangiano insieme da trent’anni, le apro le cosce grasse e le entro di nuovo, stavolta guardandola negli occhi.
Lei si toglie le mutandine dalla bocca, ansima:
«Sborrami in faccia… voglio sentire il sapore mentre lui domani mi bacia».
La faccio inginocchiare sul pavimento freddo.
Le prendo la testa con entrambe le mani e le vengo in bocca e sul viso, fiotti densi che le colano sulle guance, sul mento, sulle tette.
Lei li raccoglie con le dita, se li lecca, poi si alza, mi bacia con la lingua ancora piena di me.
Ore 21:58.
Sonia è già sotto la doccia, lava via tutto.
Io esco dal retro, passo dal giardino, salto il muretto.
Alle 23:27 Marco rientra, trova la moglie in pigiama, capelli ancora umidi, che gli sorride dal divano.
«Com’è andata in fabbrica, amore?»
«Una rottura di palle, ma almeno ci pagano gli straordinari».
Lei gli accarezza la pancia, gli dà un bacio sulla guancia.
Lui non sente niente.
Nemmeno il sapore che ancora le resta in fondo alla gola.
La porta è chiusa a doppia mandata.
Il cane dorme.
E il giovedì prossimo è già prenotato.
