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La presunzione

by Ruvido
Viewed: 91 times Comments 2 Date: 03-01-2017 Language: Language

La presunzione che ti fa credere di avere tutto sotto controllo dall'alto del tuo essere 'dominante'... Ma poi ti capita di entrare in un locale come questo; la musica è alta, le luci invece forse troppo basse. C’è veramente tanta gente questa sera. Con faticose bracciate raggiungo il bancone e ordino da bere. Sento in continuazione corpi caldi e sudati che si strusciano contro di me. Distinguo chiaramente le forme, i seni rotondi, glutei velati dalla stoffa, a volte anche delle mani che inavvertitamente mi colpiscono. Sento il profumo delle donne che mi circondano, si mischiano, si confondono in uno solo grande e avvolgente. Poi, improvvisamente la vedo arrivare. In realtà io non vedo nulla, ma la sento. Un profumo diverso, luminoso, fresco di acqua si fa strada tra gli altri. L’intensità cresce sempre di più fino a quando lo avverto esattamente alle mie spalle. Potrei girarmi, guardarla, confrontare quell’odore con l’aspetto. Ma non voglio, amo la sfida almeno quanto il mistero. La sua schiena si appoggia alla mia, lentamente ma inesorabilmente. Invece di ritrarmi, rimango fermo, solido. Anche la sua schiena non si muove ma anzi si appoggia, si distende poco alla volta contro la mia. La sento aderente, distinguo la forma dei glutei rotondi che sfiorano i miei. Le scapole alte, la spina dorsale di cui conto quasi le vertebre. Schiena nuda o appena velata da stoffa sottile. Nulla di più. Io continuo a sorseggiare dal mio bicchiere con lo sguardo perso nel vuoto, ma tutte le mie attenzioni sono proiettate dietro di me. Su di lei. Ne conosco il profumo, le forme dietro e comincio a conoscerne anche i movimenti. Sento che parla, probabilmente un corteggiatore cerca di coinvolgerla. Il suo corpo ondeggia dolcemente, ogni parola è come se le scorresse sulla pelle e si diramasse fino a me. Adesso avverto anche il contatto dei suoi capelli sulla mia nuca. Siamo troppo vicini, troppo in contatto perché lei non se ne accorga. Eppure non succede nulla. Anzi. La mia schiena è ancora contro di lei dritta, e questo la rende spavalda nei movimenti. Il suo culetto si fa sporgente e struscia sempre di più contro il mio. Liscio e lento spinge verso di me, ed ogni volta che le vado incontro ascolto il suo respiro cambiare. Ancora non l’ho vista, ma la voglia di girarsi comincia ad essere insostenibile. Il corteggiatore si allontana e la sento che si gira verso la mia schiena. Una spinta generale della calca la costringe contro di me un’altra volta. Ha il mento sulla mia spalla, i seni morbidi schiacciati sulla mia schiena e i miei glutei tesi intuiscono l’inizio delle sue cosce. Avverto chiaramente il tocco delle sue dita sul collo, poi la voce bassissima che mi sussurra: sono qui. Le sue mani adesso mi scorrono sulla vita sotto la camicia, le unghie lunghe (le immagino ancora adesso laccate e lucide come l’interno di una conchiglia) mi segnano la pelle. Il suo respiro caldo si appoggia sul mio collo, scivolando tra i capelli, sento quasi il sapore delle sue labbra quasi appoggiate alla nuca. Mentre appoggio il mio bicchiere, non mi stupisco delle mie mani che partono alla sua ricerca. Si, ha un vestito leggero, le mie dita si appoggiano sui suoi fianchi, sento il tepore della pelle sotto la stoffa. Lentamente spinge contro di me il suo bacino, la curva del pube mi preme contro ritmicamente mentre le sue dita scivolano sulle mie cosce tirandomi verso di lei. Vorrei girarmi, lo voglio, ma è tardi ormai. Il suo corpo curvo aderisce al mio e si muove con la musica, stretti in mezzo alle persone. Poi una mano abbandona le cosce e si infila nella tasca dei miei jeans. E’ come se lo sapesse, come se vedesse chiaramente l’effetto che mi sta facendo. Le sue dita delicate incontrano il mio glande che preme da dentro contro la tasca. Sento i polpastrelli che lo esplorano, lo misurano, lo provocano muovendolo a fatica nella morsa dei pantaloni. Poi l’altra sua mano si fa più coraggiosa e trova la via della pelle. Sottile si infila sotto la cintura e si immerge in fondo. Io fermo, le braccia lungo i fianchi, lo sguardo fisso verso davanti con dietro di me la fonte della mia più grande eccitazione. Non l’ho ancora vista. Ma la sento, la sento sempre di più, la sento che me lo prende in mano, che lo stringe. Ancora il suo bacino che preme. Ma questa volta non è la musica a dare il ritmo. E’ la sua mano, le sue dita infilate dentro i miei jeans che scandiscono il tempo. Chiudo gli occhi, le sue dita contratte intorno al mio pene pieno di eccitazione. Le sue unghie laccate che si muovono verso il basso scoprendo il glande. Poi verso l’alto. Poi ancora verso il basso. E tante volte, tante che la mia mente è ormai svuotata. Non sento più la musica, non sento più la gente, sento solo un calore che mi sale dall’inguine e mi esplode nella testa. Vengo così, girato, in piedi, in mezzo alle persone che esibiscono free drink al barman. Vengo nelle sue mani, con dolore quasi, riempiendo le sue dita di bollente sperma. La sua mano si ritira come la schiuma sulla sabbia, senza un rumore, veloce e inaspettata. Sento solo la sua presenza ancora dietro di me, il suo respiro accelerato come il mio che si mischiano. Lentamente sfuggo al contatto e mi giro al rallentatore, voglio che si accorga che lo sto facendo. Ma i miei occhi non la incontrano. Sparita, inghiottita dalla gente prima che possa capire chi sia. Forse quella bionda con l’abito nero a sinistra? O forse la ragazza con i capelli corti e la scollatura sulla schiena? Cerco delle mani che mi possano essere familiari o un profumo che mi riconduca a lei. Ma gli occhi non la conoscono, non sanno nulla di lei. Non ha importanza. Ormai è tardi.

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